
Sacred Works
I brani contenuti nel disco appartengono a periodi diversi, ma nascono tutti con lo stesso scopo: il servizio liturgico e paraliturgico, nei concerti spirituali e nelle serate di meditazione. Le musiche di scena che aprono il disco risalgono al 2017 e furono concepite per i Concerti Spirituali della chiesa di S. Maria degli Angioli a Lugano. In occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Giovanni Testori (1923-1993), andò in scena, il 24 maggio 2018, Interrogatorio a Maria (1979), segmento centrale della Seconda Trilogia di Testori, incorniciato da Conversazione con la morte (1978) e Factum est (1981). Protagonisti della messa in scena furono Angela Dematté, nella parte di Maria, Margherita Saltamacchia e Max Zampetti. La messa in scena fu curata da Andrea Chiodi. Le musiche furono eseguite dal Gruppo Vocale S. Bernardo e dall’organista Mattia Marelli, ancora protagonisti della presente incisione. Lo spettacolo nacque in collaborazione con il Centro culturale della Svizzera italiana e con la Città di Lugano. La suite estratta dalle musiche di scena raccoglie otto momenti della rappresentazione, tre destinati al coro a cinque voci e organo seguente, su frammenti del testo di Testori, e cinque brani organistici, destinati ad accompagnare movimenti scenici.
I Tre mottetti risalgono invece a periodi diversi tra loro. Il Dio d’Israele è il brano meno recente del disco. Fu composto nel 2000 per il matrimonio di un amico, un collega organista, ed è infatti costruito sul testo dell’antifona Dopo il Vangelo della cerimonia nuziale, nel rito ambrosiano. Il brano fu dunque eseguito per la prima volta da un coro nato per l’occasione e composto dagli amici dei due sposi, tutti musicisti. Col soffio delle labbra e Nada te turbe, scritti rispettivamente nel 2012 e 2011, furono composti per due situazioni analoghe. Per molti anni nel Santuario di Saronno, alla vigilia della Festa del Voto – la più antica festa religiosa cittadina – si narrarono le vite dei santi, ogni volta scegliendo un santo specialmente ricordato nell’anno contingente, per ricorrenze e anniversari. La narrazione era accompagnata sempre da musica, legata, per epoca o tematica, alla vita del santo evocato. Ecco dunque che Col soffio delle labbra è scritto su un frammento di S. Luigi Guanella e che Nada te turbe è composto su una frase, molto nota, di S. Teresa d’Avila.
Il brano Erma bifronte – Arianna/Maria, scritto per soprano, violoncello e organo, ha invece una genesi più complessa. Il primo lato dell’erma ci mostra il viso di Arianna, abbandonata e sola. Il brano fu composto nel 2013, parte delle musiche di scena scritte per accompagnare un monologo sul mito di Arianna, firmato da Mariano Dammacco, andato in scena con Serena Balivo protagonista. Nel 2018 ho pensato di affiancare all’evocazione della fanciulla ateniese, triste e tradita, l’immagine della fanciulla che “tutte le generazioni diranno beata”, segno più luminoso della salvezza. Per entrambi i brani, il primo nel 2013 e il secondo nel 2018, chiesi in prima istanza a due poeti diversi di fornirmi i versi da musicare. In entrambi i casi le liriche giunte non mi parvero adatte ad essere messe in musica: per risparmiare tempo, decisi dunque di scrivere io stesso, molto modestamente, le brevi liriche poi musicate.
I Quattro versetti per organo su antifone mariane nacquero nel 2010 con il titolo La Cappella Tedesca, titolo poi rimosso. La raccolta fu commissionata dal Centro Studi Lauretani in occasione delle celebrazioni per il novantesimo anniversario della Proclamazione della Vergine di Loreto a Patrona degli Aeronauti: si richiese la composizione di un’opera organistica che andasse ad evocare, grazie al grande strumento di cui la Pontificia Basilica di Loreto è dotata, la Cappella Tedesca, affrescata da Ludovico Seitz. Il brano s’ispira a quattro immagini della Cappella, raffiguranti altrettanti momenti del cammino terreno della Vergine Maria: l’Annunciazione, l’Immacolata Concezione, il pianto sotto la Croce e l’apparizione di Gesù risorto alla Madre. L’opera è dunque articolata in quattro movimenti, ognuno basato su un’antica melodia mariana, legata dalla tradizione ai quattro momenti: si tratta rispettivamente di Alma Redemptoris Mater, Tota pulchra, Stabat Mater e Regina Coeli. I quattro movimenti sono costruiti come versetti contrappuntistici, dove la melodia antica, pur inserita nel contesto di un linguaggio armonico moderno e sottoposta ad artifici strutturali anche complessi, emerge spesso in maniera assai riconoscibile. Nell’ultimo brano alla melodia pasquale si aggiunge la citazione di un antico canto popolare basco, Begoñako Andra Mari, con il suo tipico ritmo di zortziko, in 5/8, dedicato alla Vergine di Begoña, patrona di Bilbao – mia moglie è di Bilbao – dove il brano in oggetto fu abbozzato nel gennaio del 2010, sul pianoforte dei miei suoceri. La genesi dei Tre Offertori, raccolta del 2018, è molto più semplice: sono stati scritti per il servizio liturgico domenicale in S. Maria degli Angioli. Tra il 2016 e il 2018 ho registrato per la Radio della Svizzera Italiana l’integrale delle Pièces en style libre (1913), opera 31 di Louis Vierne. Mi è capitato dunque spesso di usarli durante le liturgia agli Angioli. Nella prefazione al primo dei due libri della raccolta Vierne presenta le opere come concepite per la durata media di un offertorio e questo era certamente vero per le liturgie in Notre-Dame, dove Vierne era titolare, nel 1913. A S. Maria degli Angioli, dove pure la liturgia è assai curata e molto solenne quando richiesto dall’occasione, gli offertori di Vierne non arrivavano mai alla doppia barra finale. Da qui il pretesto – non che manchi repertorio a noi organisti, sia chiaro, e grazie a Dio – di scrivere tre pezzettini, che si esauriscano nell’arco di un offertorio festivo, i primi due, e solenne, con incensazione, il terzo. I tre brani sono costruiti come parafrasi di melodie gregoriane, adottando in ognuno una forma trasmessa dalla tradizione, l’ostinato del basso in O salutaris Hostia, la pastorale in Ubi caritas e la passacaglia per Ave maris stella.
Molto meno recente è il Communio super Veni, creator Spiritus. Il brano fu commissionato nel 2003 da una rassegna concertistica milanese: a me, come ad altri e ben più importanti compositori – Bruno Bettinelli e Don Luciano Migliavacca, per esempio – si richiese la composizione di un versetto organistico costruito su una melodia attribuita direttamente ad Ambrogio. La mia composizione si intitolava infatti in origine Hic est dies verus Dei, inno pasquale composto, testo e musica, da S. Ambrogio, la cui melodia fu poi usata, come spesso succedeva per gli inni, per un altro testo e in particolare per quello, più famoso e usato, dedicato allo Spirito Santo: da qui il cambio di titolo, per poter usare il brano più spesso e non solo nel tempo di Pasqua. Il brano alterna sezioni contrappuntistiche, dove la melodia dell’inno è trattata a valori larghi, a sezioni in stylus phantasticus, improvvisative, per sciogliersi infine nell’esposizione piana dell’intero motivo.